sabato 13 novembre 2010

LA CRITICA: Carlo Carrà

(Dentro e Fuori l'Avanguardia)
di G. Bonanno

Saggi critici e recensioni su: Kengiro Azuma, Francis Bacon, Paolo Barrile, Carlo Carrà, Marc Chagall, Jean Dubuffet, Franco Francese, Antonio Freiles, Max Huber, Gabriele Jardini, Osvaldo Licini, Ruggero Maggi , Kazimir Malevic, Mattia Moreni, Idetoshi Nagasawa, Emil Nolde, Mimmo Paladino, Pino Pascali, Mario Raciti, Roberto Sanesi, Francesco Somaini, Chaim Soutine, Graham Sutherland, Jorrit Tornquist, Willy Varlin, Wols.




-Carlo Carrà: “Il cupo silenzio delle cose”
Si inaugura sabato 21 marzo alla galleria Il Chiostro di Saronno la mostra antologica di Carlo Carrà, con trentadue opere (venti oli e dodici disegni) che abbracciano un arco di tempo che va dal 1911 al 1964. Artista colto, di grande originalità e intelligenza, nella sua lunga attività ha sempre saputo lavorare in modo coerente, quasi come una missione doverosa che l’artista doveva compiere e svelare. Un artista lucido, che sapeva riflettere intensamente e con acute osservazioni; nel 1918 scriveva: “io sento di essere tutto legge e non un semplice rendez - vous degli elementi come vorrebbero farmi credere quelli del naturalismo, che tutta l’arte la riducono in cose fatte con abilità manualesca”, e poi aggiungeva “sento che non sono io nel tempo, ma che è il tempo che è in me”. l’artista Piemontese (1881-1966) aveva iniziato l’attività con lavori divisionisti , per poi passare nel 1910 a firmare il primo manifesto Futurista di Marinetti e a lavorare in tale direzione per alcuni anni, per approdare nel 1916 alla pittura Metafisica. Già in questi primi anni di ricerca, l’artista giungeva a risultati di grande invenzione come nell’opera Funerali dell’Anarchico Galli del 1911 o nel Gentiluomo Ubriaco del 1916, dove incomincia a sorgere verso il Neoprimitivismo che caratterizza tutto il lavoro successivo. Con il 1921, per Carrà, ogni esperienza d’avanguardia precostituita è ormai limitante. L’artista, finalmente trova il suo modo per viaggiare tra le pagine della poesia, con la natura, che sempre più viene “rilevata e svelata”con pochi elementi in uno spazio stranamente desolato. Una natura “ primitiva” che ha la capacità di generare misteriosi silenzi, una realtà intima di un grande rivoluzionario dell’arte, che con coscienza, sente il bisogno “urgente” di colloquiare con Giotto, Masaccio e perfino con Paolo Uccello, per poi spingersi più in là, verso la sintesi e l’essenzialità di P. Cezanne. Un artista per niente tradizionalista; tradizione e avanguardia coesistono in lui, sempre, proprio perché sono le esatte metà di una medesima sfera, come lui diceva.Una ricerca, quindi, che si avvia verso una semplificazione del reale e un recupero di nuovi equilibri formali. Per capire ciò, basta pensare al Pino sul mare del 1921 o all’Estate del 1930, dove le masse di colore denso e acidulo, creano misteriosi silenzi, dove il tempo, per strano sortilegio,sembra depositarsi lentamente sul“muto presente delle cose” quasi a sublimare la cupa teatralità della nostra precaria esistenza. In questa rassegna antologica, ci sono opere di particolare interesse come l’opera Donna+Bottiglia+Casa del 1913, di chiara matrice Futurista, Paesaggio della Garfagnana del 1925, La Casa del matto del 1927, Sentiero di montagna del 1929 e Marina del 1941, fino all’opera Interno con tavolo del 1964, dipinta dal maestro poco prima della morte. Accompagna l’antologica un catalogo con un testo critico di Elena Pontiggia e una testimonianza di suo figlio Massimo Carrà. Artista solitario e lucido,riflessivo e ironico, riesce a approfondire il meglio della pittura contemporanea del suo periodo storico nella severità e nella pazienza artigianale del lavoro; sei anni prima di morire confessava: “sono dell’opinione che in arte, non sono le etichette, e correnti,le chiacchiere quelle che contano, ma solo i fatti, i risultati e questi fatti, questi risultati, io li riconosco validi e perfettamente realizzati in poesia”. Dichiarazione certamente profetica e attuale, che ci fa riflettere sulla situazione confusa, monotona e frivola dei nostri giorni.


Pubblicato su  Dialogo  n°121 - marzo/aprile,  1992   Anno XV         pag. 31