(Dentro e Fuori l'Avanguardia)
di G. Bonanno
Saggi critici e recensioni su: Kengiro Azuma, Francis Bacon, Paolo Barrile, Carlo Carrà, Marc Chagall, Jean Dubuffet, Franco Francese, Antonio Freiles, Max Huber, Gabriele Jardini, Osvaldo Licini, Ruggero Maggi , Kazimir Malevic, Mattia Moreni, Idetoshi Nagasawa, Emil Nolde, Mimmo Paladino, Pino Pascali, Mario Raciti, Roberto Sanesi, Francesco Somaini, Chaim Soutine, Graham Sutherland, Jorrit Tornquist, Willy Varlin, Wols.
Francis Bacon: Il fascino indiscreto della perdizione.
Si conclude il 30 maggio al Museo d’arte Moderna Villa Malpensata a Lugano la bellissima mostra antologica di Francis Bacon curata da grandi specialisti come Ronald Alley, Hugh Davies, Michael Peppiatt e Rudy Chiappini, direttore dal 1990 dei Musei della Città. di Lugano. Questa è la prima grande retrospettiva dopo la morte dell’artista (Madrid, 28 aprile 1992) e comunque la più completa perchè ricostruisce attraverso molti capolavori un arco di lavoro che va dal 1929 al 1991, (l’exursus completo della sua ricerca). Francia Bacon era nato a Dublino nel 1909. Nel I925, a sedici anni abbandona la sua famiglia per trasferirsi prima a Londra, poi a Berlino e infine nel 1928 a Parigi. Proprio nel 1928 visitando una mostra di Pablo Picasso alla Galerie di Paul Rosenberg sente l’urgente bisogno di dipingere. I primi lavori di Francis risalgono al 1929. La rassegna di Lugano si apre con un gruppo di 4 dipinti del 1929-1930 di chiara impronta cubista. Nel 1944, a 35 anni, dopo aver distrutto tutta la sua produzione precedente, Bacon incomincia a dipingere in modo nuovo e personale. Sono del 44 i “tre studi di figure per la base di una crocifissione” che per la prima volta scandalizzano il pubblico per la loro apparenza inquietante.Libero da preconcetti di maniera, proprio in questo periodo incomincia a far affiorare il senso del dolore del vivere, sempre teso su un filo della perdizione. Lui stesso confessava:”la maggior parte delle persone non pensano alla vita. Se riflettessimo, ci accorgeremmo tutti che viviamo nel concime della terra. Il mondo è solo un mucchio di concime , è composto da miliardi di persone che si vantano di essere morte. I morti stanno soffiando nelle nostre narici ogni ora, ogni secondo che inspiriamo, dopo tutto siamo nati per morire”. Questa è la constatazione “tragica” di un grande protagonista del nostro secolo che sentiva l’urgente bisogno di esperire l’animo umano. Diceva: “non passa giorno che non pensi anche per un attimo solo alla morte. Entra in ogni cosa che faccio, che vedo, che mangio; è parte della natura”. Negli anni della sua formazione dopo essersi interessato al lavoro di Otto Dix, George Grosz e P. Picasso, l’artista inglese sente l’esigenza di confrontarsi e colloquiare idealmente con il lavoro dì El Greco e persino con Velasquez. Sono del 1953 alcune opere in cui Bacon analizza la tela di“Innocenzo X”, eliminando tutti i vari ornamenti decorativi e relegando la figura rappresentata in uno spazio circoscritto. L’immagine dell’uomo che ne viene fuori risulta molto deformata, quasi imprigionata e stravolta dal suo stesso esistere. In anni più recenti il senso di disperazione e di angoscia si era placato ed era subentrato il bisogno di allontanarsi di più dal soggetto per poterlo osservare in modo più distaccato. Con gli ultimi lavori i toni dei colori si fanno più bassi e sgradevoli; “quasi come un essere umano fosse passato sui miei quadri lasciando una scia di umane presenze e tracce mnemoniche di eventi passati”, tracce fuggenti al centro di paesaggi indefiniti con figure stravolte e chiuse da strutture spaziali limitanti che escludono ogni diretto rapporto con lo spettatore, che sembrano dissolversi nel nulla, un nulla che coincide con la sua visione precaria che ha dell’uomo. Questo autentico solitario, capace di far emergere i dubbi dell’esistenza non è stato molto amato dalla critica, per certi versi è stato considerato un epigono dell’ultimo Romanticismo. Secondo noi, Bacon è un artista geniale, capace più di altri, di far macerare l’immagine dell’uomo in modo ossessivo fino a decantarla e a sublimarla liricamente. Di certo, la pittura per Bacon non ha più modello da rappresentare, né storia da incarnare; l’artista non ama la narrazione delle cose ma lo svelamento dell’essere, per lui la realtà è solo “illusione momentanea”,una traccia sfuggente e indefinita. Non gli resta altro che fissare l’apparizione insostanziale dell’evento nel suo immediato affiorare. Inoltre, Bacon non chiede perchè le cose siano così, egli le vive totalmente per quelle che sono perchè non crede alla salvezza bensì alla degradazione e alla caduta dell’umanità. Con Francis Bacon l’arte diventa “strumento di verifica trascendentale” capace di mettere a nudo l’esistenza degradante dell’uomo d’oggi e di assorbire e riflettere le ossessioni tragiche che si tramutano in perdizione e dannazione.
Pubblicato su Dialogo n°128 - luglio/agosto, 1993 Anno XVI pag. 23