giovedì 18 novembre 2010

Il DIBATTITO: DENTRO E FUORI L'AVANGUARDIA



SIGNOR CRITICO  POSSO CRITICARE?
(La critica d'arte, dentro e fuori l'avanguardia)
di Giovanni Bonanno





- Cara Milano, non ti conosco più !!!

In questi ultimi anni la realtà sociale e culturale di Milano si sta declassando quasi a livelli di sottosviluppo. Dopo il protagonismo di più di trent’anni di interessanti ricerche nell’ambito delle arti visive contemporanee la Milano capitale morale d’Italia, non riuscendo a rigenerarsi esce di scena in modo quasi definitivo. Dal 50 alla fine degli anni 70 l’arte a Milano aveva saputo darci nuove ipotesi di lavoro e di ricerca, come per esempio il Movimento Nucleare di. E. Baj, il gruppo Azimuth di P. Manzoni, l’arte Programmata di Munari, lo Spazialismo di Fontana, fino alle ricerche solitarie di alcuni artisti come Ferroni, Francese e Guerreschi. Alcuni decenni fa, a Milano non c’erano tante gallerie come oggi, non si parlava di programmazione; tutto era spontaneo, vivo. Abitare a Milano significava partecipare intensamente ad una avventura dove l’arte si intrecciava con la boheme di ogni giorno. Bastava percorrere un breve tratto di via Brera, entrare al bar Giamaica per incontrare e discutere con G. Dova, con U. Mulas , Scanavino e persino con Fontana, , tra un caffè e un panino l’arte diveniva programma, manifesto, nuova ipotesi di lavoro. Purtroppo oggi tutto ciò sembra di essere svanito. La città svuotata e senza anima vive un’ esistenza piena di contraddizioni. E. vero, Milano si ritrova oggi con un apparato culturale fatto di tre Fondazioni , più di 150 gallerie private e 10 Istituzioni deputate ad accogliere opere contemporanee , tuttavia, non riesce più a sincronizzarsi con i ritmi delle nuove capitali culturali. Di tante gallerie alla moda, poche riescono a prospettare mostre e percorsi culturali di un certo interesse, molto spesso si hanno soluzioni poco credibili soprattutto per la “cronicizzata mancanza di idee”. Una grande città come Milano non può vivere tutte le stagioni dell’arte, in genere, concluso un ciclo naturale l’arte si trasferisce altrove; gli artisti questo problema. l’hanno capito da un pò e si sono trasferiti in tanti paesetti della Lombardia. A questa “evasione di massa” degli artisti e di tanti”milanesi, la città ha subito l’assedio di migliaia di emigrati dei paesi poveri e del terzo mondo. In questa nuova situazione la città vive la decadenza e l’impotenza, non essendo più in grado di sostenere un decente confronto con i nuovi centri culturali di ricerca. Sicuramente “l’arte non abita più a Milano !”. Per troppi anni Milano, ha dovuto trattenere la propria residenza culturale e per non suicidarsi, in questi ultimi mesi, ha tentato persino di giocare l’ultima carta, basti vedere le ambigue celebrazioni di un epigono del Futurismo lombardo a Palazzo Reale (Cesare Andreoli) e soprattutto la chiacchierata rassegna-omaggio al grande tedesco Joseph Beuys all’Accademia di Brera, mostra contestata ampiamente da Lucio Amelio (amico e collezionista di. Beuys e rappresentante degli interessi della famiglia Beuys in Italia) e poi finita con uno strascico di azioni legali ancora in corso. Le trenta opere di Beuys esposte a Milano, secondo diversi studiosi, sono opere false o non prodotte dalle mani dello scultore tedesco scomparso 7 anni fa, che non si lascia in pace”neanche all’altro mondo visto che si strumentalizza il suo lavoro a fini biecamente mercantili. In questo “caos” fatto di polemiche, di intrighi commerciali internazionali, di tangenti e di mani pulite, Milano vive in ginocchio, confusa, indifesa e doppiamente tradita.

Pubblicato su  Dialogo  n° 129  - settembre/ottobre,  1993    Anno XVI         pag. 24