giovedì 18 novembre 2010

Il DIBATTITO: DENTRO E FUORI L'AVANGUARDIA



SIGNOR CRITICO  POSSO CRITICARE?
(La critica d'arte, dentro e fuori l'avanguardia)
di Giovanni Bonanno






-  Il tempo tra scienza e arte

Mai prima d’oggi l’uomo si era trovato di fronte a una situazione di “s-naturazione totale” come ai nostri giorni. La civiltà tecnologica ha sconvolto il normale rapporto uomo-natura, frantumato il consueto concetto di spazio/tempo e consolidato il senso della perdita. La rapidità e l’accelerazione della nostra esistenza ha condizionato negativamente tutta la civiltà moderna. L’isolamento del nostro tempo da quello della natura, il movimento continuo e nomade dei nostri spostamenti è diventato un elemento essenzialmente “artificiale” non più legato ai normali ritmi. Una volta si partiva per un viaggio, si percorreva un itinerario e si arrivava in un predeterminato luogo con una esperienza ben precisa dello spazio e del tempo, in una dimensione temporale che implicava”la durata”come elemento fondamentale per meglio conoscere il tempo. Ora con i nuovi satelliti in volo, con i nuovi mezzi di. comunicazione come la televisione e i sistemi computerizzati si è assistito ad una contrazione totale di questi momenti. La dimensione spazio-tempo della terra e dell’universo si è contratta a tal punto da cedere il passo alla velocità della trasmissione televisiva in tempo reale. Il tempo non è una realtà, ma una metamorfosi di figure, ogni intreccio può diventare una costruzione, quando, però, la proposizione aurea perde la sua giusta misura, il campo tra presente e futuro si dilata smisuratamente, così il reale si trasforma; ormai nulla è misurabile, non esistono più neanche modelli stabili. La velocità come nuovo assoluto dell’uomo contemporaneo ha modificato definitivamente la realtà e consolidato lo spostamento dalla materia alla luce, in una dimensione essenzialmente “immateriale” e inoggettiva. Di certo la”realtà artificiale” sta cambiando la percezione del mondo per una visione nuova dell’arte, un nuovo modo di vedere tutto improntato ad una realtà rimossa. Purtroppo non c’è più scenario il cielo e la terra si sono fatti distanti e confusi. L’esplorazione di zone oltre la stratosfera della terra hanno rivoluzionato i tradizionali concetti di spazio ( prospettico, reale). Lo spazio non è più un vuoto che aspetta di essere colmato e vitalizzato. L’esplorazione dello spazio cosmico ha creato una contrazione dello spazio infinito. Guidare l’automobile lungo una autostrada è diventato sinonimo di un andare in nessun luogo, verso il”non spazio”. I nuovi satelliti che vengono lanciati nello spazio, visti in televisione, sembrano una volta in orbita, ghiacciati, girano attorno alla terra secondo orbite prestabilite si muovono in un vuoto “congelato” senza andare in nessun luogo. Lo spazio stratosferico fa galleggiare e allo stesso tempo travolge gli uomini senza gravità, fa apparire l’uomo inutile. L’aumento di velocità nella nostra vita e nei nostri scambi ha generato una concezione spaziale tutta proiettata nel vuoto spaziale e dell’essere. Queste iniziali considerazioni ci impongono un cambiamento sostanziale, una presa di coscienza sul modo di pensare e produrre arte al fine di costruire una nuova visione che sia adeguata alla complessità della nostra società; una società che ha perso i consueti punti di riferimento e ha creato la costrizione e il  grande vuoto dell‘uomo contemporaneo.

Pubblicato su  Dialogo  n°138 - settembre/ottobre, 1995  Anno XVIII         pag. 24