giovedì 18 novembre 2010

Il DIBATTITO: DENTRO E FUORI L'AVANGUARDIA

SIGNOR CRITICO  POSSO CRITICARE?
(La critica d'arte, dentro e fuori l'avanguardia)
di Giovanni Bonanno




Pubblicato su  Dialogo  n° 127  - marzo/arprile,  1993  Anno XVI              pag.  25
-  L’arte tra natura e tecnologia

Viviamo in una società globale piena di contraddizioni; la natura è sovrastata dalla cultura , persino il concetto di morte ha perso il suo naturale significato, la riproduzione non confina più con il sesso. Di certo non esistono più limiti. L’uomo non ha perso soltanto i naturali riferimenti che aveva con la natura ma persino il desiderio di sognare. Gillo Dorfles  si chiede: “se è vero che Dio ha fatto l’uomo a sua immagine e somiglianza, l’uomo a sua volta si è da sempre sforzato di costruire ogni immagine a sua misura, tentare una resa del mondo circostante attraverso quello che potremmo definire: somiglianza, simulazione, analogia, simulacro, mimesi”. In un certo senso l’uomo ha sempre cercato di essere creatore d’immagini, tal volta sforzandosi di imitare la natura, fino a decidere di contraffarla e di sostituirla nell’artificiale. Ormai si vive una situazione complessa e deviata. Voler assumere “la diversità del reale”,l’uomo vive una situazione “anomala”.

/ La realtà virtuale
Con l’avvento della tivù e del computer, si vive la realtà della “simulazione significante”, una realtà in cui gli eventi naturali vengono attraversati da accorgimenti che ne alterano le componenti temporali-spaziali, dandoci l’illusione di una verità. In questa situazione, la realtà viene spesso sostituita con quella “virtuale”,la guerra del Golfo riportata dalla CIN, è stata un esempio angoscioso di realtà virtuale. L’umanità ha vissuto l’evento bellico davanti alla tivù come attorno ad un camino. Per un certo tempo abbiamo creduto che si poteva fare una guerra senza morti, più tardi abbiamo compreso, purtroppo, che non era solo “simulazione” ma realtà vissuta come gioco, quasi una seconda realtà “l’informazione” parallela e sovrapposta alla realtà dell’evento. La realtà simulata e immateriale è entrata anche nel nostro privato più intimo; in futuro sarà possibile proiettare il nostro corpo in spazi virtuali dove lavoreremo e faremo l’amore con persone che si trovano in altri continenti e magari non conosciamo.

/La manipolazione genetica
Oggi si sente più spesso parlare di entità biologiche che appartengono alla specie umana, che non possono essere considerati ”persone”, dal momento che sono embrioni congelati e archiviati in centri contro la sterilità in attesa di un possibile utilizzo. Anche i corpi che gli apparati dei centri di rianimazione mantengono “artificialmente” in vita, senza una attività celebrale o l’uso indiscriminato di organi che la chirurgia dei trapianti utilizza ci obbliga ad. una riflessione profonda su cosa si può fare e cosa si deve fare. La chiesa Cattolica opponendosi all’intrusione delle scienze sulla sfera della nascita e della morte, difende quel regno della “casualità”, della provvidenza, dell’evento, insomma la vita intesa come durata non programmata e imprevedibile, fra un inizio e una fine dominata dal fato e vissuta come “dono divino”. Questi concetti “naturali” si stanno rapidamente esaurendo, lasciando il posto a interventi artificiali di fecondazione, di chirurgia dei trapianti, a terapie di rianimazione e di prolungamento artificiale della vita che consentono di trasformare, almeno in parte, la nascita e la morte, la durata della vita, l’invecchiamento e persino la trasformazione quasi completa in senso estetico del proprio corpo.

/L’arte
in questa situazione anche l’arte è costretta a fare i conti con queste nuove problematiche.La produzione creativa vive la dimensione conoscitiva di diverse ricerche e scoperte che vengono “filtrate” dall’artista, confrontate e sublimate in una cosa che chiamiamo “creatività”. La produzione creativa risente di questi nuovi fattori, ne è condizionata per cui produrre oggi al di fuori di queste coordinate non ha nessun senso. L’artista, da sempre è un produttore di immagini che vengono fuori dalle nuove scoperte della fisica e delle scienze; deve per forza leggere in profondità., dentro una complessità. del sistema socio-culturale. Jeffrey Deitch che ha curato la mostra “Post-Humain” al Museo d’arte Contemporanea di Losanna, al Castello di Rivoli, al Desto Fondation for Contemporary Art di Atene e al Deichtorballen di Hamburg, è convinto che i progressi nella biotecnologia e nell’informatica stanno variando i confini in corrispondenza dei quali si celebra la fine dell’uomo e l’inizio del post-umano. Secondo il curatore le nuove problematiche in atto contribuiranno a ridefinire “una nuova costruzione dell’io” determinata dall’applicazione consueta di tecniche di trasformazione fisica; la chirurgia plastica, gli interventi a livello celebrale, l’inseminazione artificiale, l’aborto e l’ eutanasia diventeranno una prassi per cui bisognerà reinventare se stessi . Si dovrà necessariamente ridefinire i parametri dell’esistenza stessa in un regno evolutivo artificiale. La nostra società. accederà presto alla sfera “biotecnologica” che ci consentirà di scegliere direttamente il modo nel quale desideriamo avvenga l’evoluzione futura delle speci viventi. In arte, oggi, emerge un rinnovato interesse verso il corpo, alcuni artisti presenti in questa rassegna dimostrano di essere molto interessati a tali problematiche, infatti, tentano di rispondere a corti interrogativi. Robert Gober, con l’opera “Two Spread Legs” del 1991, dissemina frammenti e lacerti corporei nello spazio reale creando stati emotivi da cortocircuito. George Lappas in “New Members Forthe Burghers of Calais” del 1992, accumula parti di corpo, riprese e desunte dal passato e dal presente. Secondo noi, il più ossessivo risulta l’artista Kiki Smith che dispone sul pavimento un uomo grondante di secrezioni. Sembra di poter condividere tali proposte incentrate ad una definizione nuova dell’io, attraverso la commistione di fantasia e finzione. Sicuramente alcune giovani proposte pervengono ad una riformulazione “schioccante” dell’umanità, che trasmette una impressione inquietante della condizione post-umana verso la quale ci stiamo avviando. Avremo presto possibilità di liberarci delle costrizioni e dai legami con il passato, ma saremo in grado di crearci un’ identità adeguata alla nuova situazione?