SIGNOR CRITICO POSSO CRITICARE?
(La critica d'arte, dentro e fuori l'avanguardia)
di Giovanni Bonanno
- Come sarà l’arte del prossimo futuro?
Siamo all'inizio del terzo millennio, viviamo una situazione precaria dove l’incertezza regna sovrana. L’arte sarà in grado di essere testimonianza pregnante dell’uomo o continuerà a rispecchiare la visione limitata e confusa che si ha del mondo? Sarà una visione “caramellosa” incapace di rivelarsi proprio per eccesso di comunicazione?. Rispondere a questa domanda appare quando mai difficile. L’avanguardia storica ha cercato che il pubblico accettasse le nuove forme artistiche. Ormai la società attuale richiede espressamente la novità, i cambiamenti di stagione, che vengono consumati in dosi sempre più massicce. Quale sarà il futuro dell’arte nel prossimo terzo millennio? Di certo, non abbiamo le visioni e neanche il dono delle previsioni, tuttavia, l’impressione condivisa da più parti che siamo arrivati al capolinea; che tutto sia stato detto e visto. In questi ultimi decenni c’è stato forse qualche artista che ha allargato l’orizzonte del nostro sguardo? Con la fine delle utopie che coincide con la fine del 2° millennio, non sappiamo se saremo in grado di elaborare una visione lucida e adeguata alla complessità della nostra società o continueremo a morderci la coda lanciando continuamente lo sguardo all’indietro nel tentativo di ripescare situazioni e esperienze da riproporre. Ci chiediamo: quale arte può sorgere da una società anestetizzata che non crede ad altro valore che quello nichilista del nostro presente? Dopo le scolabottiglie e gli orinatoi di Marcel Duchamp, tanti attardati rinnovatori sono gingillati in proposte spesso ironiche ma molto discutibili,come Andy Warhol che ha pubblicizzato le minestre Campbell o la coca cola in tutte le salse; Piero Manzoni con le trovate organiche e feticiste delle scatolette di “merda d’artista”, Cesar Baldaccini con i rottami delle carcasse di automobili pressate, Jeef Koons che si è appropriato di oggetti spudoratamente kitsch per i suoi interventi ludici, fino e ultime proposte di tanti giovani artisti che incentrano il proprio lavoro di ricerca sulla base del “dejà vu”. Non c’è stato, credo, nella seconda metà di questo secolo nessun movimento nell’arte che abbia modificato il nostro sguardo. Non possiamo stabilire a priori quale sarà l’oggetto della disciplina nel prossimo futuro. Dobbiamo attendere il diktat degli artisti per capire, attraverso le nuove ipotesi, quali nuovi atteggiamenti si prospettano. Attualmente possiamo solo indicare ciò che non ci piace, prevedendo che da questa insoddisfazione possa nascere un possibile mutamento. L’importante è che ogni ricerca futura non si esaurisca dentro i confini angusti della ripetizione. L’avanguardia storica ha saputo conquistare il pubblico ma ha lasciato in sospeso la richiesta morale di trasformare la società. In ogni caso speriamo che rinasca l’interesse all’utopia, ovvero il desiderio di correggere il corso consueto degli eventi. Per il resto staremo a vedere.