(Dentro e Fuori l'Avanguardia)
di G. Bonanno
Saggi critici e recensioni su: Kengiro Azuma, Francis Bacon, Paolo Barrile, Carlo Carrà, Marc Chagall, Jean Dubuffet, Franco Francese, Antonio Freiles, Max Huber, Osvaldo Licini, Ruggero Maggi , Kazimir Malevic, Mattia Moreni, Idetoshi Nagasawa, Emil Nolde, Mimmo Paladino, Pino Pascali, Mario Raciti, Roberto Sanesi, Francesco Somaini, Chaim Soutine, Graham Sutherland, Jorrit Tornquist, Willy Varlin, Wols.
“Marginali Attivi &
Swarm Art / Inside and outside the
body”
La Mail Art è nata più di 50 anni fa, nel 1962, da quando
l'artista americano Ray Johnson, fondò la “New York Corrispondance School of
Art” occasionalmente in contemporanea con il movimento “ Fluxus” del lituano-americano George Maciunas
(1961) e la Pop Art di Leo Castelli a New York (1962).
Una sorta di scuola d’arte per corrispondenza nella quale gli elaborati grafici
con l’inserimento di timbri e collage venivano per la prima volta spediti per
posta a conoscenti e persino ignari destinatari, dando completa autonomia alla comunicazione e
rendendo questo nuovo modo di espressione totalmente libero e al di fuori di
qualsiasi schema imposto e prefissato dal potere culturale e di conseguenza dal
mercato ufficiale dell’arte. Dopo Ray
Johnson, anche Guglielmo Achille
Cavellini, nei primi anni 70 (1971),
aveva inventato
“l'autostoricizzazione”,realizzando
delle mostre a domicilio e utilizzando
i cataloghi che inviava in visione agli
artisti del Network. Questi due artisti, per primi, avevano
solo accennato a questa nuova e
possibile strategia di messa in crisi del sistema culturale che non permetteva
nessuna intrusione se non avvalorato da un
potere forte che condizionava e controllava le proposte e le scelte al
fine di regolarne il flusso e ossigenare
il mercato dell’arte.
E’ stato soprattutto
Cavellini (GAC), a compiere “il
grande passo”; quello di contrapporsi ad un sistema ormai monotono; un
ulteriore sviluppo verso la messa in crisi del tradizionale sistema dell’arte.
Negli anni 80, precisamente nel giugno
del 1985, l’artista giapponese Ryosuke
Cohen rimette ancora una volta in gioco le carte della
sperimentazione, in un sistema culturale
antiquato che preferisce l’opera creata appositamente per essere
commercializzata. Lo fa proponendo un
particolare progetto “Brain Cell” (Cervello Cellula), che lo ha visto coinvolto
per oltre 30 lunghi anni, assieme a migliaia di membri sparsi in oltre 80 paesi, in cui i singoli
artisti collaborano inviando per posta a Cohen disegni, francobolli, timbri,
adesivi o altro. Egli utilizzando un
vecchio sistema serigrafico, chiamato
ciclostile (ormai fuori produzione) fa 150 copie A3 (29,7x42). E’ un progetto
ancora attivo che viene stampato ogni 7-10 giorni e rispedito ai
rispettivi collaboratori, allegando un
elenco di indirizzi di collaboratori provenienti da alcuni paesi (55 in media
per opera). Sono passati già oltre 30
anni ed è stato superato il 20 novembre
2017 il BRAIN CELL N° 1000. Già da diverso tempo l’artista Cohen rifiuta l’opera unica e concetti consueti come l’originalità, preferendo
maggiormente il gioco, la ricerca e la
libertà dell’artista volutamente collocato ai margini di un sistema culturale
antiquato e passatista.
Nella pratica dell’arte postale non esiste
un’unica ideologia o “ism” ben solida capace di sopravvivere e prevalere
sulle altre. Secondo Ray Johnson,
“Mail Art is not a single art movement, but is quite a megatrend that
insists that we change our consciousness”, quindi, non è un unico movimento artistico ma
piuttosto un grande movimento “trasversale”
a tutte le altre proposte ed esperienze artistiche che ci sollecita
concretamente a prendere coscienza di noi stessi. Di conseguenza, si
condividono i frammenti di idee con
altri artisti in una relazione libera da “copyright”, utilizzando e trasformando persino le opere
di altri autori in un incessante “add
and send by mail” collettivo. Nella
pratica elitaria attuata dal sistema
istituzionale ufficiale dell’arte si preferisce la concorrenza piuttosto che la
cooperazione e la sperimentazione. Nella Mail Art questi concetti scompaiono
per dare spazio alla creatività e alla ricerca
spontanea svolta in campo in modo paritario.
Nato nel 1948 a Osaka, in Giappone, Ryosuke non è
il primo e unico artista postale
giapponese, prima di lui anche Shozo Shimamoto aveva condiviso la Mail Art,
tuttavia, è certamente l’autore giapponese più longevo e per certi versi, anche
il più interessante e attivo nel network
internazionale di chiunque altro per la diffusione capillare della pratica Mail artistica.
Dopo “Brain Cell”, nell'agosto 2001 ha
iniziato anche un altro progetto
chiamato “Fractal Portrait Project”,
iniziato in Italia al fine di realizzare
più proficuamente il concetto di “Brain Cell”, facendo ritratti e Silhouette
(face and body) agli amici artisti incontrati in questi anni nei in diversi
incontri (Meetings) in tutto il mondo. Secondo Cohen, “Brain Cell” è come la struttura di un cervello visto al
microscopio, ci appare come lo schema
delle rete con migliaia di
neuroni accumulati e ramificati insieme
proprio come il Network dell’arte postale. La Mail art - scrive l’artista - “is
dynamic", because you can be more of an individual free to create works of
art with a new mind, being fragments of the entire network and sharing snippets
of many other artists", e poi, “la
rete si espande da A a B, da B a C, da C
a D, da D a A, da C a A e così via, è
come un corpo unico con una costruzione cerebrale fatta di un gran numero di
cellule nervose strutturate e complesse, sistemate in un ordine non lineare.
Ecco perché ha definito questo tipo di esperienza “Brain Cell (cellule del
cervello)”. Praticamente è il risultato di un complesso intreccio di cellule
nervose del cervello, un progetto senza fine, aggiungendo, “ciò che nasce dal
“flusso” Dada, Fluxus e Mail Art è l’unico modo per realizzare la nuova arte
del domani”.
Fractal (frattale), letteralmente significa figure simili fra
loro, il nuovo concetto è stato utlizzato per prima dal matematico
francese B. Mandelbrot all’Istituto
Watson IBM. La caratteristica principale dei frattali è “l’auto similarità”, la
ripetizione sino all'infinito di uno stesso motivo caratterizzato dall’indeterminatezza
temporanea e provvisoria del suo esistere,
come per esempio, gli alberi della foresta Amazzonica del Sud America
che si compone di numerose specie che convivono insieme. Nel 2006 Ryosuke
Cohen, scrive: “Nowadays I have come to realize that we are all part of a
fractal, and that I can be a piece of that fractal, and that I can create art,
in a way that extends beyond myself as an individual, in communication with
infinite mail artists' ideas”, (oggi mi sono
reso conto che siamo tutti parte di un frattale e che posso essere un pezzo di quel frattale estendendomi come
individuo al di là di me stesso in una infinita comunicazione di idee con gli
artisti postali).
Questa particolare concezione personalmente preferisco chiamarla “swarm intelligence” traducibile come: “intelligenza dello
sciame”, è un termine più vicino a tutti gli esseri viventi coniato
per la prima volta nel 1988 in seguito a un progetto ispirato ai sistemi
robotici. Esso prende in considerazione lo studio dei sistemi auto-organizzati,
nei quali un'azione complessa deriva da un fare collettivo, come accade in
natura nel caso di colonie di insetti, stormi di uccelli, branchi di pesci
oppure mandrie di mammiferi. Secondo la
definizione di Beni e Watt la swarm intelligence può essere definita come:
“Proprietà di un sistema in cui il comportamento collettivo interagisce in modo collaborativo producendo risposte
funzionali al sistema”, sia ben chiaro, non inteso in senso speculativo e in
funzione di un risultato economico, bensì, di una risposta partecipativa in
funzione di un concreto apporto creativo
“non autoritario”, proprio come avviene
nella prassi collaborativa del movimento della Mail art.
Cohen è oggi l’artista contemporaneo che non
rappresenta più colui che produce un’opera d’arte secondo le vecchie idee
classiciste della tradizione, ma ricopre il ruolo di mediatore e di
intermediario tra la realizzazione di un’idea progettuale (la sua) e coloro che
partecipano al progetto. Praticamente, egli si fa promotore di un “fare”
diventando regista di un intervento provvisorio che nasce dal contributo degli altri e si materializza nella collaborazione collettiva in cui tutti
possono partecipare ed essere positivamente coinvolti. Le varie stampe del
progetto Brain Cell realizzate da Cohen non
possono essere considerate opere “finite”, intese come opere che si
completano nella realizzazione della copia grafica, ma di un’opera
caratterizzata dall’indeterminatezza e provvisorietà del proprio esistere
insito nel suo DNA. Di certo, se il risultato finale di ogni stampa fosse davvero “un’opera compiuta”, credo che Cohen smetterebbe di colpo
di realizzare altre copie di “Brain Cell”, proprio perché svuoterebbe
pesantemente il senso e la filosofia generatrice di questa particolare pratica artistica.
Una considerazione doverosa da fare sul lavoro di
Cohen è quella di aver messo, “fuori
gioco”, ancora una volta, il vecchio
sistema ufficiale dell’arte, relegando
fuori dalla porta personaggi equivoci come i galleristi, i critici d’arte e
persino i collezionisti di opere d’arte dal momento che lo scambio delle opere prodotte avviene tra
gli artisti del Network. Quindi, le opere realizzate non vengono trattenute e
conservate dall’artista in vista di un
consueto profitto ma inviate ai rispettivi collaboratori. Con la
spedizione postale delle stampe i
collaboratori, utilizzano i propri archivi, diventando altresì collezionisti
delle opere ricevute spesso, con i lavori “Brian Cell” realizzati nei vari tour che ogni anno l’artista fa in giro per il mondo si organizzano delle mostre come per esempio la
mostra realizzata e ancora visitabile a Pontassieve in occasione della “XXVII Rassegna internazionale
“Incontri d’Arte”.
Risulta ancora quanto mai complicato e
difficile organizzare tradizionali mostre con i “Fractal Portrait Project”
proprio per la reale difficoltà a reperire e raccogliere concretamente le
diverse opere donate nel tempo agli amici artisti rappresentati. Inoltre, per
quando riguarda i progetti “Fractal Portrait” svolti Cohen da più di 18 anni nel campo della
performance vogliamo evidenziare un lato ancora poco conosciuto, soprattutto
alla conoscenza delle opere “Body” e della serie delle slhouette del corpo
create a partire dal 2001 in poi fino a oggi, realizzate dall’artista giapponese in particolari momenti collettivi unendo
insieme diversi fogli Brain Cell in cui i soggetti, gli amici incontrati nei
vari tour vengono invitati a farsi fare un ritratto da Cohen o a distendersi a terra sopra questi fogli Brain
Cell, con l’artista impegnato
per l’occasione a disegnare e
rilevare il contorno immediato del corpo. Una sorta di “performance
collettiva”, prima di procedere alla
consueta realizzazione dell’opera.
Una performance “provvisoria” in
funzione della realizzazione dell’opera. Tutto ciò, seppur con le dovute
differenze di lavoro, lo lega indissolubilmente al suo caro amico Shozo Shimamoto, divenendo il naturale
attivo continuatore dell’arte di
ricerca oggi in Giappone. Per questa Collettiva
Internazionale sono presenti in mostra 164 opere
di importanti artisti internazionali di un corpus totale di ben 281 opere
grafiche pervenute. Sandro Bongiani