(Dentro e Fuori l'Avanguardia)
di G. Bonanno
Saggi critici e recensioni su: Kengiro Azuma, Francis Bacon, Paolo Barrile, Carlo Carrà, Marc Chagall, Jean Dubuffet, Franco Francese, Antonio Freiles, Max Huber, Gabriele Jardini, Osvaldo Licini, Ruggero Maggi , Kazimir Malevic, Mattia Moreni, Idetoshi Nagasawa, Emil Nolde, Mimmo Paladino, Pino Pascali, Mario Raciti, Roberto Sanesi, Francesco Somaini, Chaim Soutine, Graham Sutherland, Jorrit Tornquist, Willy Varlin, Wols.
GUGLIELMO ACHILLE CAVELLINI
(Brescia 1914 - 1990)
Jean Dubuffet nel 1978 scrisse: "...Abbiamo creduto innocentemente che la
capacità producesse il merito e che dal merito derivasse la gloria. Abbiamo via
via scoperto che ciò non accade...
Ridiamo ora attraverso di Lei dei nostri precedenti errori..."
Premessa
Con la lettera testuale del 1979 GAC pubblicata
come premessa ad inizio nel catalogo
della Mostra a domicilio nell’aprile del 1980 affermava: nella
mia operazione di “autostoricizzazione” è necessario che io della provvedere
anche alla mia “autobiografia”. Ho scelto la forma diaristica, perché, come ho
già scritto in una “lettera ai miei nemici” vorrei che i posteri la
giudicassero “completa e perfetta”.Per seguire un ordine cronologico avrei
dovuto pubblicare il diario dell’anno 1976. Ma dopo il mio viaggio in
California (27 aprile-14 maggio 1980) e a Budapest (22 -24 maggio 19809 non ho
resistito alla tentazione di anticipare la pubblicazione di queste pagine,
perché, mi pare, meritino una particolare attenzione. Da qualche anno ho
avviato dei singolari rapporti con parecchi artisti sparsi in varie parti del
mondo. I festivals organizzati in California mi hanno invogliato a parteciparvi
per conoscere di persona questi nuovi amici, i luoghi dove vivono, e respirare
l’atmosfera del loro ambiente artistico. Questi due viaggi mi sono stati di
grande utilità per meglio approfondire certe mie idee sulle vicende dell’arte e
della vita, che in questo momento stanno attraversando una profonda crisi di
trasformazione. Qui da noi si è ancora convinti di essere i continuatori di una
nostra vecchia tradizione artistica, qui da noi prevale ancora il concetto
dell’individualità, e non ancora quello della collettività. Qui da noi ogni
anno inventano qualche trappola per voler mantenere ancora in vita le vecchie
leggi della tradizione, del mercato, e le posizioni di comando conquistate.
Basterebbe fare uno sforzo e osservare il mondo dell’arte con l’occhio dei
posteri. Basterebbe giudicare il presente e il passato con l’occhio della storia, inesorabile spugna asciuga tutto. La
storia ci ricorda soltanto quei pochissimi personaggi che hanno contribuito al
rinnovamento del mondo dell’arte mostrandocelo con un occhio nuovo e diverso. Comunemente
si dice: “Se fossi vissuto al tempo di Van Gogh avrei capito il suo modo di
fare arte”. Storicamente è accertato che non è vero. Qui da noi hanno scritto
libri su Duchamp soltanto dopo sessant’anni; e il dadaismo è ancora un genere
d’arte considerato marginale. La storia si ripete e sempre si ripeterà. Anche
oggi in qualche parte del mondo esiste un altro Van Gogh o un altro Duchamp, ma
non è compito, a quanto pare, dei contemporanei capirli o scovarli. Per la
prima volta ho assistito quest’anno ad un convegno internazionale di critici e
di direttori di musei. Ho sentito un centinaio di relazioni. Ebbene, ho
stabilito che tutti sono informati, intelligenti, disinvolti, ma nessuno mi ha
dimostrato di saper vedere al di là del proprio naso. Sono tutti ancora al di
qua della barricata. Ognuno di loro è convinto di possedere la verità. Hanno stampato un libretto con gli indirizzi di quindicimila
artisti e critici di 35 nazioni rigorosamente selezionati, e tutti i
quindicimila sono convinti di essere i migliori o almeno tra i migliori.
Veramente viviamo in una giungla dell’arte, stiamo assistendo ad una nuova
Babilonia. Soltanto dopo una drammatica
e lunga crisi sarà possibile ricominciare da capo. Ogni periodo storico ha una
sua diversa fisionomia, e logicamente quello di domani dovrà differenziarsi dai
precedenti. Se le società vorranno migliorare, uno dei compiti degli artisti
dovrà essere quello di aiutare a far capire il mondo dell’arte. Quando
l’attuale sistema verrà smantellato, una
possibilità di continuità dovrebbe essere quella di ricominciare tutto da capo (logicamente non dimenticando
il prezioso bagaglio culturale ereditato dai nostri predecessori, un bagaglio
complesso e vario, ormai ridotto alla saturazione e all’attuale crisi di idee).
Ricominciare tutto da capo, come uomini
primitivi, ritornare alla natura, in libertà. In semplicità, assieme. Uno
spiraglio di un nuovo modo di fare arte mi pare di averlo avvertito e vissuto
con i miei nuovi amici che ho incontrato in California. Non è importante il
risultato, come lo pretende il sistema dell’arte, per me è importante il loro nuovo comportamento, il
loro nuovo modo di vedere il mondo, la vita, l’arte, non più ridotti
all’isolamento, ma vivere e operare collettivamente, conquistare una libertà,
aprire le frontiere, dialogare con il mondo intero. Molti artisti ormai
comunicano tra di loro con lo stesso linguaggio e lo stesso spirito, pur
vivendo in California, o a Budapest, o in Polonia, ecc. Le pagine di questo diario avvalorano le mie affermazioni. Il mio
soggiorno in California lo considero una parentesi della mia vita assai
importante, uno stimolo a proseguire la mia strada senza esitazioni. Se
qualcuno pensasse che quanto ho scritto è frutto della mia fantasia, e il racconto
possa sembrare surreale, ebbene, desidero precisare che invece tutto veramente
è accaduto, tutto è realtà. La realtà, in questo caso, è divenuta surreale,
senza dover ricorrere a finzioni o programmazioni. Tutto ciò è avvenuto perché
da tempo questi artisti mi avevano dimostrato in mille modi la loro stima, e
giudicano la mia “auto storicizzazione” una operazione artistica nuova,
diversa, rivoluzionaria. Mi considerano un demitizzatore del sistema dell’arte,
ormai in crisi e in lento inesorabile disfacimento. (qui da noi, invece, esiste
e persiste l’ormai tradizionale “Nemo
propheta in patria”). Inoltre è interessante constatare come il mio adesivo
abbia saputo stimolare la fantasia di molti artisti in modo prodigioso (al
punto che un autorevole esponente del fluxus americano, in un articolo
pettegolo e maldicente, lo ha addirittura definito: “Quel maledetto adesivo
Cavellini 1914-2014 che viene incollato in tutto il mondo”). Quell’adesivo da
fastidio a molti. La mia operazione di “autostoricizzazione2 non viene ancora
presa sul serio. Mi giudicano un presuntuoso megalomane con molti mezzi a
disposizione, sto subendo la stessa sorte degli artisti che hanno qualche cosa
da dire fuori dall’ordinario, in contrapposizione al sistema. Perciò non devo
sperare nella comprensione dei critici e degli storici dell’arte contemporanea,
perché, come ho già detto, non è il loro
compito scovare e capire questi personaggi. Preferisco vivere la mia avventura,
proiettata nel futuro, piuttosto di dovermi impantanare nell’intricata giungla
dell’arte.
Luglio 1980, GAC
GAC 1914-2014
“La non-opera e il non-luogo dell’arte come interpretazione del mondo per la trasformazione creativa della realtà”
“Commento a margine di un dibattito a cura di Giovanni Bonanno”
“Commento a margine di un dibattito a cura di Giovanni Bonanno”
E’ stato
esattamente nel 1971 che ha inventato
“l’autostoricizzazione”, realizzando e
inviando per via postale in tutto il mondo una decina di “mostre a
domicilio” (sono dei cataloghi stampati che sostituiscono le tradizionali
mostre nelle gallerie d’arte). In
Italia, per diversi decenni, GAC è stato osteggiato come “un
ricco eccentrico in vena di esibizionismo”, non compreso perché ritenuto
soltanto un importante collezionista
d’arte contemporanea e di
conseguenza collocato dalla critica
ufficiale nel completo isolamento. A
partire dal 1971, dopo l’irruzione nel mondo dell’arte dell’americano Ray Johnson,
vissuto nello stesso periodo dell’artista bresciano, Guglielmo Achille Cavellini aveva iniziato in modo assiduo a “scardinare” il sistema
ufficiale dell’arte ritenuto impenetrabile, proponendo la sua presenza come
autentico momento creativo. Insomma, una sorta di artista
isolato che dal chiuso decide finalmente
di non far parte di quella schiera di pittori
delusi e incompresi come Munch, Van Gogh, Modigliani o Tancredi e di far
sentire la propria voce attuando appropriate “interferenze” all’interno del sistema monopolistico dell’arte. Dopo aver realizzato,
distrutto e riciclato una parte consistente del suo lavoro degli anni precedenti,
GAC decide di compiere “il grande passo”; quello di
contrapporsi ad un sistema ormai monotono; un ulteriore sviluppo verso la messa
in crisi del tradizionale sistema dell’arte.
Di certo la
sua condizione di “scarsa
considerazione” lo spinse orgogliosamente a non subire passivamente attuando, in alternativa
al “silenzio”, una sorta di “ribellione”, una logica reazione alle regole
precostituite e imposte dal sistema corrotto, ossia, una maniera per certi
versi “coscientemente attiva” di im/porsi al sistema ufficiale dell’arte. Ray
Johnson negli anni 60 aveva solo accennato a questa possibile nuova strategia
di messa in crisi del sistema culturale che non permetteva nessuna intrusione
se non avvalorato da un potere forte che
condizionava e controllava le proposte e le scelte al fine di regolarne il
flusso e “ossigenare il mercato dell’arte. Carlo Giulio
Argan proprio nei primi anni 70 diceva: “l’opera d’arte è oggetto, in una società neo-capitalista o “dei consumi”
l’oggetto è merce, la merce ricchezza, la ricchezza potere, - aggiungo io -
il potere è successo perché si basa
sull’ingordigia di possedere danaro e ricchezza. Quindi, strategie chiaramente di palazzo e di potere imposte da illuminati “profittatori
culturali” che ancora oggi controllano la produzione degli artisti e non ammettono intrusioni
al fine di un serio profitto. Per il mercato dell’arte ogni cosa deve essere controllata
da un apparato forte di gallerie,
critici e mercanti di arte che si contendono fattivamente le fortune. Gli anni 70 non a caso è anche il periodo della messa in
crisi dell’oggetto ritenuto “merce produttiva” e oggetto al servizio del
potere. E’ proprio GAC a porre per primo e in modo evidente il problema della mercificazione e del
condizionamento da parte del potere
culturale attuando per reazione un straordinario
“attivismo di contrasto frontale”
con il sistema impenetrabile dell’arte
ufficiale. L’arte, dopo
essere stata relegata per molto tempo al
chiuso delle idee, con l’attuazione
dell’autostoricizzazione” diveniva liberazione, apertura delle frontiere
culturali, arte che finalmente si integrava nella vita.
G. A.
Cavellini si ritrova, lui che è stato un
grande mercante e collezionista di arte contemporanea a condividere contemporaneamente
vari campi d’esperienza trasversali e alternativi alle proposte della cultura
ufficiale; dalla pittura alla poesia
visiva, dalla body art alla performance,
collocandosi apertamente ai margini di un sistema, in una zona franca, ovvero “in
una periferia di confine praticabile” abbracciando concretamente una pratica che di fatto
assorbiva diverse esperienze
convogliandole concretamente in nuove
possibilità creative. Inoltre, con la preferenza e l’utilizzo della Mail
Art poteva finalmente confrontarsi a 360
gradi con artisti di diversa esperienza sparsi
in tutto il mondo. Una pratica, quindi, “di lucido confronto”
che poteva fare a meno del mercato dell’arte
che di fatto tiene in ostaggio l’artista
e di conseguenza reprime e condiziona la
creatività. Dal 70 in poi, Cavellini partecipa alla messa in crisi del
sistema “come battitore libero“ condividendo in modo trasversale più campi di ricerca e smantellando
così un concetto tradizionale che preferiva la
produzione dell’artista ripetitiva e ben identificabile, una
produzione assai monotona al completo
servizio del mercato dell’arte. Oggi, GAC ci sembra davvero la figura
più convincente, molto di più di Ray Johnson, capace di incarnare magnificamente
“la messa in croce” di un sistema “arrogante” che
tiene in ostaggio l’artista e di conseguenza l’opera d’arte e la produzione
artistica in nome di un ipotetico e
possibile riconoscimento.
Artista particolarmente
non identificabile in una specifica scuola
o gruppo artistico, nel contempo citazionista,
poeta visivo, performer, body artist, mail
artist e persino street artist e creatore di artistamp, difficilmente
classificabile per le diverse pratiche utilizzate ma sicuramente artista del
superamento trasversale di una logica tutta tradizionale. A distanza di qualche decennio di attesa e di riflessione Guglielmo Achille
Cavellini appare un personaggio geniale
e poliedrico. Ha vissuto l'arte contemporanea dal secondo dopoguerra fino al 1990, anno
della sua morte, come artista libero, diceva: “preferisco vivere la mia avventura,
proiettata nel futuro, piuttosto di dovermi impantanare nell’intricata giungla
dell’arte”, da artista non condizionato da schemi e imposizioni. Quindi,
non é stata una questione di semplice eleganza o stile ma di una cosciente operazione
illuminata che ha evidenziato e messo in
luce i problemi e le contraddizioni di
un sistema culturale “corrotto” che non permette alcuna
interferenza e che costringe l’arte e gli artisti all’isolamento e
all’anonimato. Un sistema che
non lascia nulla al caso e che tratta l’opera d’arte e l’artista come semplice merce
di scambio. (Giovanni Bonanno)
Artisti presenti a questa Rassegna Internazionale:
Guglielmo Achille Cavellini, Ryosuke Cohen, Alexander Limarev, Luciano Pera, Picasso, Gaglione, Bruno Cassaglia, Vittore Baroni, Clemente Padin, Otto D. Sherman, Ruggero Maggi, Jas W Felter, Gianni Romeo, Simon Warren, Carmela Corsitto, Ambassade d’Utopia, Rosa Gravino, Ptrzia Tictac, Anna Boschi, Carl Baker, Lancillotto Bellini, John M. Bennett, I Santini Del Prete, Giovanni Strada, Umberto Basso, Serse Luigetti, Mariano Filippetta, Anja Mattila-Tolvanen, Domenico Severino, Katerina Nikoltsou, Stathis Chrissicopulos, Patrizia Battaglia, Pedro Bericat, Silvana Alliri, Rosanna Veronesi, Claudio Romeo, Fausto Paci, Ciro Stajano, Antonio Moreno Garrido, Pier Roberto Bassi, Giovanni Bonanno, Francesco Aprile, Adriano Bonari, Jorge Valdes, Giancarlo Pucci, Valery Oisteanu, Noriko Shimizu, Judy Skolnick, Angela Caporaso, Maurizio Follin, Andreas Horn, Valentine Gabriella Gallo, Mark Herman, Mariano Bellarosa, Monica Rex, Fulgor C. Silvi, Lamberto Caravita, Andrea Bonanno, Francesco Mandrino, Roberto Scala, Giuseppe Iannicelli, Renata e Giovanni Stradada, D.C. Spaulding, Maria Teresa Cazzaro, Antonio De Marchi Gherini, Bernhard Uhrig, Alfonso Caccavale, Monica Michelotti, Piero Barducci, Ana Garcia, Petra Dzierzon, Antonio Baglivo, Bruno Chiarlone, Domenico Ferrara Foria, Melisa Kaneshiro, Borderline Grafix, Maurizia Carantani, Emilio Morandi, Adolfina De Stefani, Antonello Mantovani.