SIGNOR CRITICO POSSO CRITICARE?
(La critica d'arte, dentro e fuori l'avanguardia)
di Giovanni Bonanno
(La critica d'arte, dentro e fuori l'avanguardia)
di Giovanni Bonanno
Alla Ricerca dell'identità perduta
In attesa della futura "Documenta", siamo andati a visitare la 46^ Biennale di Venezia. il critico Jean clair, dopo aver spodestato il re travicello (A. B. Oliva) dal suo consueto trono, nonostante le polemiche di questi due anni, si è interessato a organizzare la 46^ Biennale di Venezia a conclusione dei primi 100 anni di attività. Ancora il neo-concettuale la fa da padrone: fotografie, reperti, frammenti di natura, tutto presente tranne la pittura. dei 19 artisti scelti per il padiglione italiano, troppi per il ristretto spazio che si ha a disposizione, ritroviamo l'anacronistico Luigi Ontani "Ch'è capace di sfidare il kitsch e di batterlo sul suo stesso terreno", come afferma ingenuamente Renato Barilli scrivendo per il suo "nuovo pupillo". Si ritrova anche il consueto Ettore Spalletti, con lo stesso disco e con le stesse idee, che da alcuni anni propone nelle diverse rassegne a cui viene invitato (un disco monotono per tutte le stagioni). E poi, c'è la presenza discutibile di Paola Gandolfi pesante e retorica, Angelo Savelli, Vito Tongiani dal realismo monumentale e pubblicitario, Ruggero Savinio sempre meno convincente e soprattutto la figura poco edificante della consueta Ida Barbarico, una presenza certamente emblematica, con un lavoro attardato visto che si trastulla nel disfacimento post-informale di remota memoria. Sinceramente non comprendiamo il motivo di queste presenze a Venezia. Del resto, anche i padiglioni degli altri paesi espongono le stesse trovate: installazioni, fotografie, video, frammenti di ossa e reperti di ogni tipo, denotando l'assenza, oggi, di una vera e autentica ricerca. Tuttavia, nonostante la confusione, dobbiamo segnalare qualche artista interessante come Leon Kossoff che espone nel padiglione della Gran Bretagna, l'americano Bill Viola che utilizza la video installazione, il danese Olsen che mette in bacheca scheletri di gabbiani delle sue coste e il norvegese Per Maning che presenta, con fototografie impresse in gelatina d'argento, immagini di foche ibernate in atteggiamenti di morte. Il canadese Sammy Cucher presenta ritratti fotografici di persone senza occhi e bocca, mentre lo slovacco Jozef Jankovic espone grandi figure mutilate con le braccia e le gambe dentro un'inpalcatura di legno, simbolo di libertà e voglia di evasione. Che dire? Per Francesca Bonazzoli, " l'emozione che si prova è forte. Ma in quante simili stanze siamo entrati? Se in questo genere di lavori l'abilità nell'usare il colore o i materiali è secondaria, se la capacità tecniche del pittore o dello scultore sono insomma indifferenti e ciò che conta è il messaggio da comunicare, allora, ormai non ci vogliono che idee grandiose. E' la solita sensazione che affiora davanti a certa arte e musica contemporanea che più che fare arte, riflette su se stessa e su questa riflessione s'è incagliata e isolata. Eppure il destino dell'arte non è forse legato alla sua capacità di comunicare, di aprirsi verso il mondo?". Gerard Regnier Jean Clair), critico interessato alla figurazione faceva intendere di aver organizzato una biennale di grande interesse. Purtroppo, la figurazione, tema di questa 46^ Biennale, diventa solo il pretesto per sterili e inutili percorsi creativi. Sarà questione del villaggio globale, della comunicazione interattiva in tempo reale, ma ormai, ogni proposta sembra uguale dappertutto. Senza identità è difficile scoprire il mistero della crazione; senza individualismo non ci potrà essere una visione personale.