giovedì 18 novembre 2010

Il DIBATTITO: DENTRO E FUORI L'AVANGUARDIA

SIGNOR CRITICO  POSSO CRITICARE?
(La critica d'arte, dentro e fuori l'avanguardia)
di Giovanni Bonanno





 

- La fortuna di vedere di notte

Oggi, per un artista contemporaneo vi sono tre direttrici di marcia, la prima direttrice guarda essenzialmente all’indietro in modo nostalgico, recuperando il passato, la tradizione; quasi una sorta di recupero archeologico della storia, che diventa alla fine eclettismo accademico. La seconda direttrice intende vivere intensamente l’attualità del presente, senza nessun contatto né con il passato né con il futuro. Anche questo percorso di marcia non funziona, dal momento che si affida all’immediatezza del momento nel tentativo di definire una visione. L’ultimo percorso -secondo noi - il più interessante, preferisce distanziarsi dall’oggetto fisico e convivere con la riflessione. Di certo, quando la confusione prende il posto della lucidità, tutto si annebbia e diventa indefinito. Soltanto nella riflessione del fare si possono ritrovare le giuste coordinate per una possibile nuova visione. E’ essenziale, quindi, distanziarsi dalla realtà oggettuale rifiutando energicamente l’inespressività della quotidianità, come è successo con la Pop art. Solo “l’inattualità riflessiva” può sintetizzare il passato con il presente per divenire essenza e nuovo modo di pensare. Oggi la confusione è tanta, credendo molti che si possa assemblare oggetti di vario genere, installare o registrare immagini a mò di film per poter fare arte. Dopo le proposte spericolate e distanti di questi ultimi anni, questi nuovi“formalisti”si affidano a soluzioni precarie senza trovare dei contenuti validi per supportare tali proposte. Ormai tutti si credono artisti, ma dove sono le idee capaci di definire una autentica ricerca? Increduli assistiamo a brevi viaggi, che non portano a nessuna destinazione e ovviamente, che si perdono nel nulla. Di tutto questo frenetico e incessante lavorio rimarranno soltanto “i fossili” a documentarci le tristi e inquiete trovate di questi passionari presenzialismi a tutti i costi. Gli oggetti smantellati e “ridotti a frammento” non potranno ridarci l’unitarietà del nostro pensare; anzi saranno gli documenti della nostra incapacità a rigenerare una nuova ipotesi creativa.

Pubblicato su  Dialogo  n°144 - settembre/ottobre, 1996  Anno XIX         pag. 25