sabato 25 novembre 2017

L'INTERVISTA: Ryosuke Cohen





LA PARTE DELL'OMBRA
(gli artisti si confessano).
di GIOVANNI BONANNO




RYOSUKE  COHEN:
MARGINALI ATTIVI & SWARM ART

Intervista di  Sandro Bongiani a Ryosuke Cohen in occasione del 70° anniversario dell’artista giapponese, della mostra collettiva internazionale a Salerno con la presentazione di 163 opere di importanti artisti internazionali e della Mostra  Retrospettiva  dedicata a Cohen a  Pontassieve (Firenze).


Nato nel 1948 a Osaka, in Giappone, Ryosuke Cohen non è il primo e unico artista postale giapponese, prima di lui anche Shozo Shimamoto aveva condiviso la Mail Art, tuttavia, è certamente l’autore giapponese più longevo e per certi versi, anche il più interessante e attivo nel network internazionale di chiunque altro per la diffusione capillare della pratica Mail artistica. Dopo “Brain Cell”, nell'agosto 2001 ha iniziato anche un altro progetto chiamato “Fractal Portrait Project”, iniziato in Italia al fine di realizzare più proficuamente il concetto di “Brain Cell”, facendo ritratti e Silhouette (face and body) agli amici artisti incontrati in questi anni nei in diversi incontri (Meetings) in tutto il mondo. Secondo Ryosuke Cohen, “Brain Cell” è come la struttura di un cervello visto al microscopio, ci appare come lo schema delle rete con migliaia di neuroni accumulati e ramificati insieme proprio come il Network dell’arte postale. La Mail art - scrive l’artista - “is dynamic", because you can be more of an individual free to create works of art with a new mind, being fragments of the entire network and sharing snippets of many other artists", e poi, “la rete si espande da A a B, da B a C, da C a D, da D a A, da C a A e così via, è come un corpo unico con una costruzione cerebrale fatta di un gran numero di cellule nervose strutturate e complesse, sistemate in un ordine non lineare. Ecco perché ha definito questo tipo di esperienza “Brain Cell (cellule del cervello)”. Praticamente è il risultato di un complesso intreccio di cellule nervose del cervello, un progetto senza fine, aggiungendo, “ciò che nasce dal “flusso” Dada, Fluxus e Mail Art è l’unico modo per realizzare la nuova arte del domani”.Un’arte marginale che implica la collaborazione e la partecipazione globale degli artisti come strategia primaria per costruire l’opera. In occasione dei 70 Years di Cohen e della mostra personale a Pontassieve vicino Firenze (Italy), ho provato a fargli un’intervista, una sorta di dibattito a due sul suo coinvolgimento intenso nel mondo della Mail Art e dell’arte marginale e provare, seppur in modo provvisorio, a fare un primo bilancio delle cose che ha svolto in questi anni di lavoro.


Sandro Bongiani: da studente avevi iniziato la tua prima attività interessandoti a Matisse e Cezanne e successivamente il movimento Dada e Fluxus fino a scoprire nel 1981 la corrente alternativa e marginale della Mail Art. Da qui, sono nati nel 1985 i primi Brain Cell e poi nel 2001, in Italia, i grandi Fractal Portrait Project. Ci racconti gli inizi della tua attività artistica?

Ryosuke Cohen: Intorno al 1980, quando lavoravo all'Arte Concettuale, venni a conoscere la Mail Art attraverso Byron Black, Canadian Video Artist. Poi ho iniziato a inviare Mail Art, usando "fukuwarai", un gioco tradizionale giapponese in cui una persona bendata mette i tratti del viso (occhi, naso, bocca e sopracciglia) su un viso di carta e "C" come nella tabella di prova della vista. Non prima.  Ho davvero sentito l'importanza di Networking Art nello scambio con i Mail Artists, ho iniziato a inviare BRAIN CELL come uno dei modi migliori per esprimere una mia idea.  Ho inviato per la prima volta il mio "Ritratto e Corpo" in modo da rafforzare il concetto di  BRAIN CELL, e poi ho fatto BRAIN CELL (Mail Artists in Italy, 2001). Da allora il progetto è in corso in molti paesi in Europa, Stati Uniti, Canada e così via.

S. B. Che atmosfera culturale si respirava in Giappone tra gli anni 70 e 80 rispetto a oggi?
Ryosuke Cohen: Nel 1970, quando si tenne il Japan World Expo Osaka, il Giappone era salito su, l'ondata di maggiore crescita economica. L'anno successivo mi sono laureato in un college di educazione nel 1974 e sono diventato un insegnante d'arte, sono stato un buon collega di Sumi Yasuo, un membro di Gutai, e poi sono entrato in contatto con altri membri del gruppo Gutai.

S. B. In quale anno è nato AU (Artist Union or Art Unidentified) e cosa pensi del gruppo Gutai? 
Ryosuke Cohen: Nel 1975 si organizzarono in AU (Artist Union) sollecitati da Masunobu Yoshimura, a Tokyo. All'inizio, AU ha iniziato con un vasto gruppo di autori: non solo artisti ma architetti, persone legate al teatro, critici e così via. Più tardi Shozo Shimamoto ha rilevato AU.  Ho preso parte all'organizzazione nel 1977, quando  vi erano molti membri (7- 8), 5 artisti Gutai erano già stati in AU. Ho promosso relazioni amichevoli, ad eccezione della grande amicizia che avevo con Shozo Shimamoto, anche con Saburo Murakami, Tsuruko Yamazaki, Yasuo Sumi.

S.B. Per diversi anni sei stato in contatto e hai fatto dei viaggi in Europa con il mitico Shozo Shimamoto, che ricordi hai di lui?
Ryosuke Cohen: In AU avevo fatto frequenti attività con Shozo Shimamoto dal 1977 al 1992: scambi meravigliosi con molti artisti nelle nostre tre volte che siamo stati insieme all'estero (Europa dell'Est nel 1985, USA nel 1987 e Europa occidentale nel 1990). Ho molti ricordi belli di Shozo Shimamoto nei nostri viaggi artistici. Certamente, da come aveva studiato psicologia, è stato un bravissimo produttore di eventi dell'UA e di se stesso.

 S. B. Come viene realizzato un “Brain Cell”, che strategia usi per realizzare l’opera finale? 

Ryosuke Cohen: Riguardo al BRAIN CELL, stampo 150 fogli di formato A3 per numero, a un ritmo di un lavoro ogni 10 giorni. Ci sono circa 50 partecipanti per ogni numero. Il mio lavoro successivo è quello di inviare  per posta un foglio a ciascun partecipante, di legare 50 fogli in un libro una volta all'anno e di conservare il resto per i fare i Portrait Project, per le mostre che si fanno e per l'invio a chi è interessato.

S. B. I contributi dei collaboratori sono parte integrante del tuo lavoro?
Ryosuke Cohen: Inutile dire che non posso fare i BRAIN CELL senza i partecipanti a questo progetto. Brain Cell Network ha costantemente avuto nuove partecipazioni e continua a muoversi e diffondersi insieme nel tempo.

S.B. Ci vuoi precisare meglio cosa intendi per “Fractal” e per “Soup Orion”, qual’è la filosofia di base che sorregge il tuo lavoro?
Ryosuke Cohen:  Fractal è l'idea di auto-somiglianza proposta dal matematico francese, Benoit Mandelbrot. Non amo i termini di "individualità e "originalità" nell'arte. Penso che possa essere composto dall'accumulo sull'idea di molti artisti e sulla storia dell'arte: cioè, sono una raccolta di molti frammenti.  La ragione della proposta di Orion Soup è che dovremmo discutere non solo di un'attività nel nostro ristretto campo, ma anche di un tema libero unico per l'artista, che è il tema fondamentale per l'umanità: e il numero primo matematico. Orion Soup è la parola coniata che ho usato per questo modo di fare.

S. B. L’aspetto più interessante e nuovo degli artisti  di oggi è quello d’interagire tra loro in una corale partecipazione.  Questo accade anche in natura.  L'aspetto interessante di tali sistemi biologici è che questi comportamenti nascono ed emergono in modo spontaneo e autonomo, e vede nella collaborazione tra gli individui l’aspetto fondante anziché la competizione e supremazia del più forte come succede spesso nel sistema ufficiale dell’arte contemporanea. La formazione di grandi gruppi coordinati ma spontanei, ci appare come un immenso sciame assai noto in natura, vedi il comportamento coordinato di insetti come le api, vespe e formiche. E’ un organismo gigante con una mente propria e una intelligenza superiore alla somma dei singoli individui. Lo studio di modelli di questi sistemi porta allo sviluppo di algoritmi che appartengono alla classe chiamata swarm intelligence ("sciami intelligenti"). Il comportamento collettivo osservabile è il frutto delle semplici iterazioni che ha un singolo componente verso gli altri oppure verso l'ambiente. In tutti questi casi il gruppo sembra davvero un organismo gigante ed efficiente con una mente propria e un’intelligenza superiore alla somma dei singoli individui.  Questa esperienza la definisco "arte di confine", proprio perché desidera collocarsi in un "altrove praticabile” rispetto allo scenario totalizzante di una mediocrità planetaria. Praticamente un "laboratorio planetario" composto da numerosi "Network" sparsi su tutto il pianeta: archivi di idee, di sperimentalismo e di ricerca spontanea. Oggi ci appare  una sorta di strana ragnatela di comunicazioni creata da altrettanti corrispondenti capace di superare le infinite distanze geografiche del pianeta coinvolgendo concretamente tutte le Nazioni del mondo in un impressionante e gigantesco puzzle mobile, sempre variabile, perennemente in movimento”. L’arte di confine è ormai una rete consolidata di rapporti relazionali composta da migliaia di artisti del Network che si scambiano ogni giorno messaggi creativi in forma di e-mail, lettere, buste, cartoline, collage, poesie visive, libri d’artista e persino oggetti tridimensionali. Con essa la comunicazione visiva assume dimensioni planetarie, totalmente nuove e inaspettate. Insomma, è il più grande laboratorio sperimentale di ricerca artistica del pianeta terra (Il laboratorio globale del Network), un grande polmone di ricerca libera. Osservato nel suo insieme sembra un gigantesco dinosauro planetario, uno swarm intelligence, un magnifico essere dal grande occhio che si rigenera permanentemente con gli apporti spontanei di tante presenze individuali.  Vuoi dirci qualcosa di più sul tuo metodo di lavoro per realizzare l’opera?

Ryosuke Cohen: Ho continuato a stampare BRAIN CELL ogni volta per mezzo di Gokko Print (una tipica stampante serigrafica semplificata giapponese).  Per prima cosa, mi preparo 16 -18 originali formato cartolina delle Mail Arts arrivate, quindi realizzo una versione sensibilizzata da cartolina, utilizzando ciascuna versione (16 -18) originali. Successivamente, stampo 16 -18 diverse copie per un foglio da 3 A, e aggiungo sigilli e/o timbri. Finisco per stampare 150 fogli di BRAIN CELL per un opera. Fractal Portrait è una performance che realizzo realmente incontrando i Mail Artists  nei “Meetings” che faccio ogni anno, disegnando il contorno del viso e del corpo direttamente sul posto. Dopo che, tornato in Giappone, finisco ogni opera con inchiostro nero cinese (sumi).

S.B. Dopo i "Brain Cell", a partire dal l'Italia del 2001, hai approdato al “Fractal Portrait Project” del viso e del corpo nei vari incontri che hai fatto in diversi paesi del mondo approfondendo in modo più proficuo il concetto dei "Brain Cell", che significato hanno le tue performance che fai per realizzare le opere Fractal Portrait Project?
Ryosuke Cohen: L'incontro con molti artisti postali all'estero mi permette di conoscere meglio come si impegnano in un'ampia varietà di forme artistiche e di capire direttamente la loro passione per l'arte.

S.B. La lettura dei Fractal Portrait Project / include, l’azione performativa che va a integrarsi con l’esperienza dei precedenti Brain Cell, e secondo me, riassume una parte di vita e di storia vera del Giappone; penso a Hiroshima con il tragico bombardamento atomico. Insomma, Hiroshima come la Pompei spazzata via dalla Vesuvio del 79 d.c. infatti, si racconta che a Hiroshima il 6 agosto 1945 alle ore 8:15 il bombardamento atomico abbia letteralmente proiettato le persone al muro diventando solo semplici ombre. Dilagano nella città di Hiroshima vecchia immagini di questo tipo, quasi una sorta di macabro promemoria. Le ombre di Hiroshima hanno fermato tragicamente il tempo e per un momento anche la storia del Giappone. Anche nei tuoi lavori la presenza dell’uomo diventa sagoma, “presenza -essenza” dell’uomo contemporaneo. Ci vedo questa associazione nei tuoi lavori. Cosa ne pensi?
Ryosuke Cohen: Fractal Portrait è un'immagine che si collega da "Now" (il presente) al futuro. Non cattura l'idea dell'ombra ma la silhouette vivente degli artisti. Hiroshima è una storia triste. Nel 1986 o 1987, Bern Porter, fisico americano coinvolto nel Progetto Manhattan, venne a trovarmi in Giappone. A quel tempo aveva lasciato una carriera di fisico per diventare un Mail Artist. E’ stato un partecipante dal numero 1 di BRAIN CELL. Mi aveva detto: "LA CELLULA DEL CERVELLO è un simbolo di pace". Ho iniziato con enfasi sul Networking of art con i BRAIN CELL, ma recentemente sento fortemente il peso delle sue parole per questa pace.

S. B. Nel panorama contemporaneo dell’arte esistono due tipi di artisti; quei pittori che collaborano con il sistema “commerciale” dell’arte, e poi “gli altri”, i franchi tiratori, liberi da obblighi e da vincoli. Riguardo il sistema “ufficiale” dell’arte, il tuo posizionamento è autonomo, rispetto a mode e tendenze pre-confezionate, preferendo l’attivismo del circuito planetario, altro modo, parallelo e convergente, di fare ricerca libera a 360 °. Diceva Marcel Duchamp: Il grande artista deve andare nella clandestinità e nell’anonimato. Sicuramente, con la Mail Art, la dichiarazione di Duchamp diventa un lucido programma, dal momento che in te non c’è nessun interesse commerciale e si presta a questa “nuova dimensione” per la sua intrinseca capacità di scavalcamento della critica, dei galleristi, del mercato, in un confronto “diretto”, tra un artista e l’altro e, soprattutto, in un attraversamento “libero” delle più diverse tendenze dell’arte di ricerca. Cosa puoi dirci?

Ryosuke Cohen: Non c'è scopo nelle attività dell'artista. Non è qualcosa che possiamo fare per dominarlo. Credo che il lavoro dell'artista sia quello di pensare sempre a "Cos'è l'arte?".

S. B. In una interessante intervista del 2012, John Held Jr. ti chiese se dopo aver completato la silhouette frattale salvavi qualche opera per te stesso, magari per una possibile e futura mostra dei lavori. In quella occasione tu confessavi che ti risultava difficile raccogliere tutto il materiale da esporre, visto che ogni opera realizzata viene regalata agli amici. Di sicuro, una mostra del genere fino a qualche anno fa risultava improponibile se non impossibile per un artista che lavora come te. Nel 2015 con lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery il problema è stato superato presentando 15 anni di lavoro dei “Fractal Portrait Project” visibili con un vernissage virtuale collettivo e contemporaneo in tutto il pianeta. Come vedi la tecnologia e i nuovi strumenti di comunicazione risolvono problemi considerati apparentemente insormontabili. Che ne pensi?

Ryosuke Cohen: Non mi sarei mai aspettato che il mio lavoro fosse presentato in questo modo. Sono rimasto sorpreso dalla raffinatezza dello Spazio Ophen Virtual Art Gallery. Sono grato del risultato. Sono certo che, a causa della diffusione della SNS, il ruolo assumerà un'importanza sempre maggiore in futuro.

S. B. Una mia personale curiosità, come importante artista contemporaneo, hai un sogno particolare nel cassetto che vorresti realizzare al più presto?
Ryosuke Cohen: Innanzitutto, mi piacerebbe andare all'estero il più spesso possibile, al fine di continuare a fare i  Fractal Portrait Project. Attualmente conservo tutte la Mail Art (35 anni circa) presso un magazzino di noleggio e  la mia casa. In secondo luogo,  credo che lo donerò a musei e alle gallerie in modo da utilizzarlo per ricerche su la Mail Art.

(Tradotto il 20 maggio 2018 dall’inglese all’italiano a cura di Sandro Bongiani).