(Dentro e Fuori l'Avanguardia)
di G. Bonanno
Saggi critici e recensioni su: Kengiro Azuma, Francis Bacon, Paolo Barrile, Carlo Carrà, Marc Chagall, Jean Dubuffet, Franco Francese, Antonio Freiles, Max Huber, Gabriele Jardini, Osvaldo Licini, Ruggero Maggi , Kazimir Malevic, Mattia Moreni, Idetoshi Nagasawa, Emil Nolde, Mimmo Paladino, Pino Pascali, Mario Raciti, Roberto Sanesi, Francesco Somaini, Chaim Soutine, Graham Sutherland, Jorrit Tornquist, Willy Varlin, Wols.
Odilon Redon: “ Al di qua e al di là della coscienza”
Dopo la mostra di Camille Corot, la grande esposizione autunnale del Museo Cantonale d’Arte di Lugano, quest’anno è dedicata a Odilon Redon (Bordeaux 1840. Parigi 1916), riconosciuto dalla critica come uno dei maggiori esponenti del primo Simbolismo francese. In contatto con il contemporaneo Impressionismo, Redon rifiutò fino al 1890 l’uso del colore, preferendo alla pittura ad olio, considerata pesante e solida, la leggerezza e la trasparenza dell’acquerello, del pastello e del carboncino. L’Impressionismo mirava a fornire sensazioni di tipo visivo, mentre il Simbolismo di Redon vuole suscitare “riflessioni”, facendo emergere le essenze piuù misteriose e oscure della fantasia. Il Simbolismo è nato ufficialmente con Gauguin e con gli artisti che si riunivano con lui a Pont-Aven, tuttavia, vi è un ipotetico “Simbolismo” degli anni 60-70, con Redon, Moreau e Puvis De Chavannes, nonostante l’eterogeneità delle diverse proposte. L’artista non rinnega la natura, piuttosto cerca una sintesi tra il visibile e l’invisibile, tra l’apparizione e il mistero della vita. Una natura “intima”, visionaria, capace di rilevare un nuovo mondo ancora più suggestivo e affascinante rispetto a quello reale. In Redon la logica del visibile è messa al servizio dell’invisibile; solo così la fantasia può definire le visioni più nascoste e oscure. L’immagine sognata non è improvvisazione e arbitrio, ma “rivelazione” di una realtà assai più importante di quella che la ragione normalmente costruisce come sistema. In un primo periodo “la rivelazione” viene definita con un grafismo lieve ed evanescente e con un colore che sembra affiorare e disfarsi nella impalpabilità dell’apparizione. Per un certo tempo, Redon ha utilizzato solo la “maniera nera” di rilevare le immagini, dopo il 1890 ha adottato il pastello, l’acquerello e anche la pittura ad olio, usati sempre in modo da far emergere l’indeterminatezza dei soggetti trattati. L’arte di Redon investe tutta l’area dell’immaginazione. La fantasia non inventa, ma rivela tutto ciò che sfugge al controllo della ragione e della coscienza. In questa dimensione indeterminata tutto può trasformarsi e cambiare di significato; le farfalle possono diventare foglie e le persone anche vento. E’ stato il botanico Armand Clavaux, che per primo impressionò fortemente la sua immaginazione con le ricerche che egli andava conducendo al confine tra il mondo vegetale e animale. E’ lui che gli rivelò il magico mondo della fantasia basato sul mistero, che non mancherà di suscitare l’interesse di tanti Espressionisti del Blane Reitier, dei Surrealisti e persino di Wols. Per Redon il simbolismo è uno strumento d’indagine della mente umana e dei suoi processi di tipo visivo e conscio oltre che dell’inconscio. L’artista francese non condivide la concezione dell'arte intesa come "conoscenza", respinge energicamente le ricerche “analitiche” di Cezanne e il Cubismo di Picasso. Odilon Redon, non è interessato alle cose esteriormente visibili, ma “alle cose reali nella loro verità in sé”. L’artista sa che soltanto l’inconscio consente di cogliere la verità, ovviamente a chi riesce ad afferrare le significanti analogie del profondo. L’opera d’arte è la creazione soggettiva e individuale della fantasia, non rappresenta, ma rivela una realtà ch’è “al di qua e al di là della coscienza”. In Redon, le immagini emergono dal profondo e si incontrano con quelle dall’esterno, quindi, il dipinto non è altro che un semplice schermo capace di assorbire e metamorfizzare per strana osmosi i flussi solidi delle immagini del mondo oggettivo e i flussi impalpabili delle immagini del mondo soggettivo. L’artista francese, ha capito, da subito, che bisognava puntare il proprio interesse al di là della semplice apparenza delle cose allo scopo d’indagare gli oscuri misteri e trovare un senso nuovo all’immagine.
Pubblicato su Dialogo n° 145 - novembre/dicembre, 1996 Anno XIX pag. 25