sabato 13 novembre 2010

LA CRITICA: Francesco Somaini

(Dentro e Fuori l'Avanguardia)
di G. Bonanno

Saggi critici e recensioni su: Kengiro Azuma, Francis Bacon, Paolo Barrile, Carlo Carrà, Marc Chagall, Jean Dubuffet, Franco Francese, Antonio Freiles, Max Huber, Gabriele Jardini, Osvaldo Licini, Ruggero Maggi , Kazimir Malevic, Mattia Moreni, Idetoshi Nagasawa, Emil Nolde, Mimmo Paladino, Pino Pascali, Mario Raciti, Roberto Sanesi, Francesco Somaini, Chaim Soutine, Graham Sutherland, Jorrit Tornquist, Willy Varlin, Wols.



-Francesco Somaini: “I sudari si fanno carne”
Dopo la grande mostra antologica di F. Somaini alla Rotonda di via Besana a Milano, si è conclusa recentemente un’altra retrospettiva dello scultore Comasco alla Banca Popolare di Milano. Somaini, nato a Lomazzo nel 1926, incomincia l’attività di scultore giovanissimo (1948), con una serie di crani di cavallo in bronzo che fanno leva più sul dato emozionale che mimetico. Dopo il 1950, la sua scultura mira a cogliere le forme in crescita e in espansione dinamica. Nel 1967, crea opere come ”Fonte 1”,dove la forma viene configurata come positivo e negativo in cui il vuoto, l’assenza, assume il significato della morte, per poi approdare nel 1972, a proposte “volutamente” e provocatoriamente utopistiche dove la scultura diventa, anche, “presenza monitoria e vitalistica, fortemente conflittuale nel contesto urbano (Urgenza nella città). Verso la metà degli anni 70 incomincia a creare gli Antropoammoniti (quasi fossili umani), una sorta di sculture avvolte, ”gravide”, che appaiono come prime risposte progettuali nell’Operazione Arcevia del 1976. Corpi rotanti che diventano “macchine organiche”, presenze monitori, matrici che generano impronte e svelano tracce di memorie intime e collettive. In questa condizione, la materia-corpo si impregna di sofferenza e si trasforma in presenza ansiosa, tormentata e, soprattutto, memoria organica che rivela la tragica e triste condizione dell’uomo contemporaneo. Il bisogno essenziale che ha Somaini, è quello di dare voce al corpo affinché diventi ossessiva metafora esistenziale. Da questo corale bisogno nascono gli ultimi lavori, dove la presenza-assenza, diventa essenza del corpo, così la forma crea paesaggi antropomorfi e persino “Anamorfici”, come nell’opera “Matrice Anamorfica per la Nascita di Venere” del 1985, che prelude agli ultimi esiti della sua interessantissima ricerca plastica,’come nell’opera “Fortunia” del 1988, in cui il corpo femminile, stranamente arcuato, è matrice e nella sua circolarità anche traccia. Una entità non separata,che convive entro il flusso organico, in un succedersi misterioso di piccoli accadimenti, che l’opera cela e, che generosamente lascia affiorare. Una complessa modulazione anamorfica e organica,quasi una nuova venere” dopo quella preistorica di Willendorf, un riavvolgimento della traccia stessa dove il tempo è rappreso e infinito e si tramuta in una presenza figurativa altamente evocativa di grande spessore memoriale. In questa ultima opera “la traccia-sudario” riceve lo sperma del corpo-matrice e si fa carne pulsante, ansiosa, prepotente e, nello stesso tempo, misteriosa e precaria presenza. Una presenza inquieta che coesiste tragicamente con la sua essenza visionaria.


Pubblicato su  Dialogo  n°120 - gennaio/febbraio,  1992  Anno XV         pag. 30